Introdurre il sistema del vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi in vetro da usare per la somministrazione di birra e acqua minerale preoccupa gli esercenti. Il collegato ambientale in discussione in Parlamento conteneva infatti tale previsione, che avrebbe costretto l’esercente ad anticipare il costo della cauzione. Un ulteriore aggravio sui conti delle imprese già a rischio, nonché un problema gestionale poiché la resa del vetro implica uno stoccaggio dei vuoti a rendere.
“Per tutelare davvero l’ambiente basterebbe organizzare per bene una raccolta differenziata seria, accurata ed efficiente”, così Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio.
E’ stato proprio l’intervento tempestivo della Federazione Italiana Pubblici Esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia a evitare che si creasse una situazione a dir poco paradossale nel commercio di bevande. Infatti, in caso contrario, gli esercenti avrebbero dovuto vendere per asporto ai loro clienti acqua e birra solo in recipienti di vetro e con cauzione. Tale obbligo però non sarebbe stato esteso ad altre tipologie di bevande, e neppure ai punti vendita diversi dai pubblici esercizi, come tabaccai, pizzerie a taglio, kebab, panetterie o supermercati e discount. Se approvato, il provvedimento avrebbe dunque avvantaggiato, a dispetto dei pubblici esercizi, altri canali di vendita. “Si pensi al paradosso di vietare la vendita della sola acqua e birra in un contenitore di plastica o alluminio e di consentirla invece per un’altra bevanda. Equivale a dire che ad inquinare è soltanto la bottiglia di plastica dell’acqua o di alluminio per la birra e non quella che contiene un’altra bibita. Altrettanto paradossale sarebbe stata la discriminazione del punto vendita: la bottiglietta di plastica dell’acqua venduta dal bar è inquinante e, come per magia, non è più inquinante se la stessa bottiglietta è venduta in una pizzeria a taglio”, ha concluso Stoppani.