Carlo Petrini assente, lo spirito della sua creatura (il “mangiare lento” che propugna da 26 anni) ha animato i saloni dell’ambasciata italiana a Pechino durante il debutto di Slow Food Great China.
È con tale denominazione che è approdata nell’ex Celeste Impero l’idea partorita dal gastronomo e scrittore piemontese, che coinvolge milioni di persone in oltre 150 paesi del mondo, basata sulla diffusione della conoscenza del cibo di qualità: buono per chi si nutre, per chi coltiva e per l’ambiente. Fondata nel 1989 in Italia, Slow Food porta la lotta contro la scomparsa delle tradizioni alimentari locali in tutto il mondo. Non poteva mancare dunque l’immensa Repubblica Popolare, un gigante che, se da un lato fagocita senza troppa attenzione per l’ambiente materie prime ed energia, lanciata com’è nella rincorsa al primato mondiale nella produzione, dall’altro vanta una millenaria tradizione gastronomica che rischia di disperdersi e di sacrificare, sull’altare della crescita senza regole, la sicurezza alimentare.
Nella visione globale di Slow Food, il Paese asiatico può essere determinante per salvare la biodiversità agroalimentare del pianeta, un elemento che costituisce il focus principale della sua missione.
“Con la sua sterminata cultura gastronomica, il suo patrimonio di diversità vegetale e animale, con l’impatto che le scelte alimentari dei consumatori cinesi hanno su tutto il pianeta, la Cina non può che essere uno dei Paesi in cui impegnarsi al massimo”, ha commentato Paolo Di Croce, segretario generale di Slow Food Internazionale, presente al lancio di Slow Food Great China. E ancora: “L’Arca dei sapori sarà un primo concreto elemento di sfida in vista dell’ingresso di Slow Food qui in Cina, perché alla Cina è stato chiesto di individuare un centinaio di prodotti eccellenti della tradizione da difendere e da portare all’Expo, un primo passo verso una concreta collaborazione”.