Oltre a 350 milioni per aprire 240 ristoranti (per lo più in gestione diretta) in Italia nei prossimi 5 anni e a circa 5mila assunzioni nello stesso arco di tempo, adesso Burger King mette sul piatto anche… l’hot dog.
La catena di hamburger espressi nata a Miami nel 1954 – che dopo l’acquisizione di Tim Hortons è il terzo operatore di ristorazione nel mondo e vanta passaporto (e tassazione) canadese – punta a dare filo da torcere a McDonald’s anche nel nostro Paese, dove la catena del whopper sconta un certo ritardo: approdata nel 1998 in Italia, oggi i dipendenti di Bk sono 2.500 e grigliano la carne in 150 ristoranti italiani, contro i 535 di Big Mac, che punta ad averne 800 entro il 2020.
Tuttavia, mentre il colosso di Oak Brook vuole scrollarsi di dosso l’odore di junk food italianizzando il suo menu, il concorrente rafforza proprio l’offerta made in Usa, arrivando a proporre un prodotto tipico della tavola calda americana, l’hot dog appunto, non senza tralasciare un layout che riflette l’accentuazione dell’immagine american style, perché, come ha sottolineato lo spagnolo Joaquin Salvo Puebla, general manager di Burger King Italia Restaurants, la ristorazione veloce della tradizione a stelle e strisce sta alla radice del marchio e non è qualcosa da nascondere, ma da rivendicare.
E non è tutto: anche BK punterà sul food delivery, ultima (redditizia) moda nel mercato della ristorazione a livello globale. Sperimentato in Inghilterra, si pensa di esportare anche da noi il servizio express di consegna a casa: qui la sfida è tuttavia temporale, perché i panini espressi vanno consumati appena cucinati.