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Secondo uno studio effettuato dagli analisti del Cerved, le imprese italiane potrebbero perdere tra i 270 e i 650 miliardi di fatturato nel 2020-21, a seconda della maggiore o minore durata della pandemia, con impatti molto diversificati tra i settori.
Sarà l’anno in corso quello maggiormente segnato dal tracollo, come facile immaginare, con un impatto fino a poco tempo fa inimmaginabile per alcuni settori, strutture ricettive e filiera automotive in testa. Nel 2021 si prevede invece un rimbalzo, che riporterebbe i ricavi vicini e, in alcuni casi, al di sopra dei livelli del 2019.
Sono due gli scenari delineati nell’ultimo Cerved Industry Forecast, dedicato agli impatti attesi del coronavirus cinese su oltre 200 settori dell’economia italiana, che include anche una stima degli effetti economici sui sistemi economici regionali.
In quello base, con la fine della fase più acuta della crisi e il progressivo allentamento del lockdown di tutte le attività economiche a maggio, sarebbero necessari due mesi per tornare alla normalità, con conseguenze peraltro significative sulle economie mondiali e quindi sulle attività di import-export.
Nello scenario pessimistico invece, che prevede la durata dell’epidemia o comunque dell’emergenza fino alla fine del 2020, saranno poi necessari almeno sei mesi per tornare alla normalità e ad un completo recupero dell’economia italiana.
In entrambe le ipotesi studiate sono previsti sostegni pubblici di portata colossale a favore di imprese e famiglie e per garantire la tenuta dei mercati finanziari, mai come oggi spiazzati da una crisi che gli analisti non riescono a codificare date le sue caratteristiche del tutto eccezionali e inedite, forse un unicum da quando esiste la storia dell’economia, e non solo d quella…

L’impatto sulle aziende

Nell’ipotesi meno drammatica di un rapido riassorbimento dell’emergenza, secondo il Cerved le imprese italiane perderebbero il 7,4% dei propri ricavi nel 2020. Ma la ripresa l’anno dopo sarebbe piena, con un aumento del giro d’affari complessivo del 9,6%: i fatturati quindi andrebbero oltre i livelli del 2019. E tuttavia, rispetto ai risultati attesi nel 2021 senza l’epidemia, la perdita calcolata sarebbe comunque di circa 220 miliardi nel 2020 di 55 miliardi l’anno successivo.
Diverso l’impatto a seconda del settore di attività esaminato: a fare maggiormente le spese di quanto sta accadendo sarebbero anche nello scenario migliore alberghi, agenzie di viaggio, strutture ricettive extra-alberghiere, trasporti aerei, organizzazione di eventi, produzione di rimorchi e allestimento di veicoli, concessionari auto. Insomma, turismo e automotive vedrebbero una contrazione di oltre un quarto dei propri ricavi. Al contrario, alcuni segmenti di mercato potrebbero persino trarre benefici dal superamento rapido dell’emergenza: exploit a due cifre sono infatti previste per il commercio online, per la distribuzione alimentare moderna, per gli apparecchi medicali e il comparto farmaceutico in generale.
Molto più traumatico lo scenario pessimistico: nel caso in cui la situazione di lockdown dovesse persistere in misura più o meno rigida sino alla fine del 2020, la caduta dei ricavi per le imprese quest’anno assumerebbe le dimensioni di una debacle, pari al 17,8%. Tradotto in euro significherebbe una riduzione di 470 miliardi rispetto a uno scenario senza epidemia, nel quale i ricavi erano previsti in crescita dell’1,7% nel 2020. E l’anno dopo, nonostante un rimbalzo dei ricavi del 17,5%, non si riuscirebbe a recuperare i livelli del 2019, con un’ulteriore perdita di 172 miliardi rispetto al tendenziale.
Non cambierebbe molto sotto il profilo dei mercati più colpiti,
ma con perdite ancor più marcate ovviamente: tre quarti dei propri ricavi in meno nell’anno in corso per gli alberghi; quasi due terzi per agenzie di viaggi e strutture extra-alberghiere; l’automotive e i trasporti vedrebbero a loro volta ridursi della metà i fatturati. In questa ipotesi strema, per gli stessi settori anticiclici (e-commerce, distribuzione alimentare, farmaceutica e apparecchi medicali), lo sviluppo sarebbe ancora più forte: basti pensare che per il commercio elettronico la progressione arriverebbe al 55%.

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