Autorefezione nelle scuole: tra diritto al pasto domestico e discrezionalità delle istituzioni
La sentenza n. 4444/2024 del Consiglio di Stato ha affrontato un tema cruciale per la ristorazione scolastica: la possibilità degli alunni di consumare un pasto domestico nei locali scolastici. Il Consiglio ha stabilito che l’autorefezione non costituisce un diritto soggettivo assoluto, ma è subordinata alla discrezionalità organizzativa delle scuole, che devono garantire coerenza con i propri obiettivi educativi e le risorse disponibili.
La refezione scolastica è considerata non solo un servizio pubblico essenziale ma anche uno strumento educativo fondamentale per insegnare sani stili di vita, uguaglianza e inclusione. Tuttavia, il dibattito sul pasto domestico ha evidenziato tensioni tra la libertà di scelta delle famiglie e le esigenze organizzative delle scuole. Mentre alcuni genitori rivendicano il diritto di portare il cibo da casa, le scuole segnalano difficoltà logistiche, rischi igienico-sanitari e l’incompatibilità con il progetto educativo.
Un caso esemplare è stato quello di un dirigente scolastico di Salerno, che ha vietato il pasto domestico motivando la scelta con ragioni di sicurezza alimentare e mancanza di risorse per gestire una coesistenza ordinata tra autorefezione e mensa. Questa decisione, inizialmente contestata al TAR Campania, è stata poi confermata dal Consiglio di Stato, che ha ribadito la discrezionalità delle scuole nel bilanciare le esigenze dei genitori con quelle organizzative ed educative.
La sentenza pone l’accento sull’importanza del pasto scolastico come esperienza educativa e sociale, sottolineando che il diritto al pasto domestico non deve minare i principi di uguaglianza e integrazione promossi dalla refezione scolastica. Tuttavia, appare necessario un dialogo costruttivo tra famiglie, scuole e istituzioni per trovare soluzioni equilibrate che rispettino le esigenze di tutte le parti coinvolte.
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