Dopo Matthäus, Klinsmann e Brehme, un altro nome straniero (almeno nell’origine, ebraica per l’esattezza) nella vita di Ernesto Pellegrini, ex patron dell’Inter dal 1984 al 1995 (uno scudetto, quello dei record dell’89 con il trio tedesco, e due coppe Uefa prima di passare la mano a Moratti): si chiamerà Ruben il ristorante voluto dal proprietario del caterer lombardo da 7.500 collaboratori che da settembre offrirà un pasto ai poveri di Milano alla cifra simbolica di un euro. Aprirà in via Gonin 52, in fondo al Giambellino, quartiere reso noto da una vecchia canzone di Giorgio Gaber, La ballata del Cerutti: 500 coperti su due turni, dal lunedì al sabato; i clienti verranno inviati da parrocchie, centri d’ascolto e realtà del volontariato, e saranno tutti in temporanea difficoltà: padri separati, 50enni licenziati, ex carcerati, profughi appena sbarcati, parenti dei malati in trasferta, etc.
Il nome scelto non è casuale: affonda le radici nella storia personale dell’imprenditore milanese, che, dall’alto dell’impero costruito partendo da un prestito concesso da uno dei capi della Bianchi dov’era ragioniere negli anni ’60, non ha mai dimenticato il contadino di Cremona che lavorava nella cascina di via Bonfadini dove vivevano anche i Pellegrini, prima che il boom edilizio ne disperdesse per la città gli abitanti. Dopodichè, proprio mentre l’allora ragiunatt percorreva i primi passi che l’avrebbero condotto nel gotha della ristorazione italiana, aveva saputo che il vecchio vicino era morto di stenti in una baracca. Di qui il desiderio, arrivato a 73 anni senza smettere di lavorare ogni giorno anche fino a 14 ore, di restituire parte di quanto ricevuto dalla vita: “La Fondazione (il ristorante è il primo passo della Fondazione Ernesto Pellegrini nata lo scorso dicembre per volontà della famiglia, la moglie Ivana e la figlia Valentina in testa, ndr) è un modo per ringraziare il buon Dio del tanto che ho avuto dalla vita. E ho voluto farlo partendo da quello che so fare meglio: ristorare le persone. Ruben ha lavorato per tre generazioni nella mia famiglia… Ruben non sono riuscito ad aiutarlo. Oggi però vorrei aiutare qualcuno dei tanti Ruben che vivono il loro momento di difficoltà e di disagio. Io ho sempre conservato nel mio cuore il ricordo di quell’uomo buono e lavoratore”. Che dire? Questo sì che è un bel gol, presidente.
Condivido in pieno questa (illuminazione), di poter aiutare qualcuno meno fortunato di lei; spero…anzi mi auguro che lei sia di esempio …………