Il destino dell’Europa appeso a un…feticcio.
Ebbene sì, la sorte di centinaia di milioni di abitanti del Vecchio continente è legata a doppio filo a quello che non già un foglio sovversivo veterocomunista ma il tedeschissimo settimanale “Der Spiegel” (esatto: quello della pistola su un piatto di spaghetti fumante sbattuto in copertina durante gli anni del terrorismo in Italia…) ha definito come tale.
Di cosa si tratta? Ma della fissazione della cancelliera Angela Merkel, e ancor più del suo ministro delle Finanze Wolfang Schaeuble, per il pareggio di bilancio.
Non bastava l’altra ossessione nazionale, quella per l’inflazione, figlia della crisi degli anni ’20, quando il deprezzamento della moneta della repubblica di Weimar rendeva necessarie cariole di banconote per acquistare anche solo del pane, e circolavano addirittura tagli da100.000.000.000.000 (centomila miliardi) del cosiddetto Papiermark. Un vero incubo, determinato dagli esorbitanti risarcimenti imposti, dopo la prima guerra mondiale, dalle potenze vincitrici(Francia e Gran Bretagna in testa, ma dalla parte dei trionfatori sedeva anche l’Italia, allora…) alsecondo Reich tedesco. Richieste insensate, da cui la nazione sconfitta non si sarebbe potuta riprendere: era questa l’opinione dell’allora rappresentante del tesoro inglese alla Conferenza di Pace di Versailles, John Maynard Keynes, che da tale ruolo si dimetteva proprio perché considerava punitive e foriere di nuove guerre le condizioni imposte a Berlino. (Pochi anni dopo, l’avvento per via democratica di Hitler al potere e la nascita del terzo Reich gli davano – purtroppo ben più ampiamente delle previsioni – ragione…).
Nemesi della storia, adesso sono i tedeschi a creare incubi agli altri europei, con la loro fissazione per l’austerità e il pareggio di bilancio, di riffa o di raffa la linea di rigore imposta a tutti i membri dell’euozona.
Essì perché la Germania ha raggiunto l’anno scorso il “Schwarze Null”: è la prima volta che accade dal 1969 e arriva un anno prima rispetto agli obiettivi del governo.
L’anticipo è stato favorito dal calo dei tassi d’interesse sul debito, dall’aumento delle entrate fiscali superiore al previsto e dalla minor spesa pubblica: il governo ha speso 295,5 miliardi di euro, 1 miliardo in meno rispetto a quanto previsto, con un calo del 4% sul 2013. Un risultato che non è tutto frutto del rigore teutonico: la Germania ha speso meno anche perché la Bce (sì, esatto, quella “governata” dall’italiano Mario Draghi) ha portato in territorio negativo i rendimenti sui titoli di stato del paese fino a 5 anni. E non è finita: a tutto ciò si somma una sentenza del dicembre scorso che ha imposto alle società elettriche una tassa di 2,2 miliardi di euro sulle attività nell’energie nucleare.
A poco sono valse le sollecitazioni dei critici di frau Merkel, sia sul fronte interno che internazionale: i primi spingono per approfittare della situazione per effettuare investimenti(l’esecutivo risponde con l’impegno a aumentare di 10 miliardi quelli previsti per i prossimi tre anni), i secondi, tra cui si possono annoverare non solo i paesi che si affacciano sul Mediterraneo (sarebbe scontato…), ma la Commissione di Bruxelles, il Fondo Monetario e il Tesoro degli Stati Uniti, invitano a una politica più espansiva per far fronte a una crescita continentale asfittica.