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sito yumParafrasando un famoso slogan che portò Bill Clinton a vincere le elezioni del 1992 contro il trionfatore della prima Guerra del Golfo George Bush Sr, “It’s the economy, stupid!” (per cui non erano i successi in politica estera a dover contare per i cittadini americani ma l’andamento dell’economia interna), pare che il successo della ristorazione veloce passi adesso per il delivery. Sono i colossi del f&b a stelle e strisce a segnare la strada. Dopo Starbucks, McDonald e Chipotle Mexican Grill che hanno avviato o sono in procinto di estendere la consegna a domicilio quest’anno, anche per i dirigenti di Yum! Brands, oltre 41mila locali in 125 paesi, non c’è tempo da perdere.

Taco Bell e KFC, due dei marchi del portfolio della società del Kentuky, potrebbero introdurre il delivery già entro quest’anno mentre l’insegna “sorella” Pizza Hut sta lavorando su un nuovo modello di consegna a domicilio per l’anno prossimo.

“Sono entusiasta di questi progetti”, ha detto il ceo di Yum! Brands Greg Creed durante una conferenza a New York pochi giorni fa.

Quest’anno Taco Bell testerà il servizio all’interno di alcuni campus universitari. Con tutta probabilità sarà disponibile solo giovedì, venerdì e sabato, che è ciò che i clienti richiederebbero alla nota catena californiana. Ecco perché Creed sostiene non sarà necessario realizzare un call center fisso per gestire la consegna per alcuni giorni alla settimana, servizio da cui l’amministratore delegato del colosso del food Usa si attende grosse potenzialità di sviluppo delle vendite per la catena di tacos, nonostante le difficoltà legate alla presenza di molti cibi caldi e freddi nel menu del brand. Più semplice il caso di KFC, marchio per il quale si pensa di approdare al delivery entro il 2015 negli Usa, sulla scorta degli esperimenti già realizzati in alcune location internazionali, e sfruttando la maggior capacità dei cestini con il pollo di mantenere la temperatura.  

Allo stesso tempo, per Pizza Hut sta avvenendo un cambio di approccio radicale nella modalità di offerta: da restaurant-based delivery a delivery-based restaurant, come ha sottolineato Creed, cioè da un ristorante che fa anche consegna a domicilio a un punto vendita basato principalmente su questa modalità di consegna. A Dallas, per esempio, due locali modulari Pizza Hut fanno solo delivery e ritiro attraverso una finestra drive-thru.

Nondimeno, secondo il ceo americano il marchio non è stato al passo con i suoi competitor nel gestire questo servizio. Per modernizzarsi occorre infatti dare priorità agli ordinativi via web e mobile invece che a quelli attraverso il call center. Ad oggi il 40% delle richieste arriva ai primi due canali ma occorre fare di più. “Attualmente i ristoranti Pizza Hut utilizzano nove diversi sistemi point-of-sale, il che rende la creazione di un app difficile. Ci stiamo muovendo verso un unico sistema Pos”, ha spiegato Creed.

Nei prossimi mesi nei locali Pizza Hut di Dallas inizieranno i test nell’ambito di un programma di nuova generazione per il delivery che viene ora sperimentato in Russia, e che Yum! Brands estenderà nel 2016 in patria.

 

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