A Torino l’appalto della mensa non sarà più affidato con il principio del massimo ribasso: nessun risparmio sui pasti dei bambini torinesi insomma. Il prossimo bando per la ristorazione scolastica, che nella città sabauda vale intorno ai 35 milioni di euro, non sarà vinto da chi farà lo sconto più alto al Comune: per conquistare i quasi 6 milioni di pasti all’anno che vengono serviti in 342 scuole ai bambini, dai nidi alle medie, le aziende si dovranno scontrare a colpi di… qualità.
L’indirizzo è infatti quello di assegnare il massimo punteggio all’offerta qualitativa, secondo quanto previsto dal Codice degli appalti, così da dare priorità a elementi come l’estensione della mensa fresca, il sapore del pasto, l’utilizzo di alimenti a Km zero, il recupero e l’educazione alimentare.
Tutti elementi che fanno parte delle linee guida per portare nei refettori delle scuole di Torino “un pasto completo, sano e bilanciato”, senza dimenticare i 2 mila lavoratori che operano nelle cucine negli istituti torinesi: il loro buon trattamento e la loro adeguata remunerazione è uno degli elementi di cui si terrà conto nell’affidare l’appalto. Altro aspetto fondamentale è la riduzione degli sprechi e la tutela dell’ambiente: largo a frutta e verdura allora, ma da agricoltura biologica, e, se si tratta di banane e papaya, devono arrivare da canali equo-solidali.
Particolare attenzione si darà alla cura del sapore dei piatti, fattore fondamentale in una realtà assurta come quella di Torino agli onori delle cronache qualche anno fa per la campagna (e le sentenze) a favore del “panino da casa”. Un fenomeno che si è ormai ridimensionato. L’ultima gara per le mense scolastiche risale al 2012/2013. Poi nel 2018, durante l’amministrazione Appendino, una nuova gara, che però, dopo il ricorso di alcuni partecipanti proprio sul tema del massimo ribasso, era stata annullata.