In principio furono 9, salite a 43 nel 2014 e a 61 nel 2015: sono le richieste di menu vegani per i propri figli che mangiano a scuola avanzate nel territorio della Provincia di Rimini. Numeri ancora contenuti ma un trend in netta crescita, tanto che ormai questo tipo di dieta speciale (motivata non da ragioni mediche ma per motivi culturali e ideologici) rappresenta il 10% sul totale di 600 richieste di menu speciali avanzate l’anno scorso nella provincia romagnola (118 per celiachia e allergie). La condizione essenziale per poter ottenere un menu vegan (o altro) rimane, oltre alla firma del genitore sulla richiesta, anche quella di un pediatra.
Stesso iter a Bologna, dove da febbraio i “bambini vegani” possono mangiare seconda una dieta alternativa a quella “onnivora”, basata, quindi su alimenti di origine non animale, senza carne, pesce, latte, uova e derivati. Non mancano ovviamente le polemiche, con lo scontro tra chi difende questa scelta (dei genitori) e chi ritiene non sia idonea nella fase della crescita di bambini e ragazzi.
“L’interesse sempre più acceso verso il consumo di prodotti vegetali anche da parte di chi segue una dieta tradizionale, è sostenuto dalle recenti ricerche scientifiche che sembrano mettere in luce il possibile ruolo protettivo da alcune patologie croniche dato all’assunzione persistente di frutta e verdura”, scrive il Comune di Bologna in una newsletter alle famiglie. Che prosegue: “Nella scelta vegana oltre alle ragioni di tipo etico si aggiungono quelle salutistiche date, per esempio, dalla crescente preoccupazione per l’utilizzo sempre maggiore di antibiotici e di altri farmaci negli allevamenti“.
Ma non tutti sono d’accordo, ovviamente: Emilia Guberti, direttore del Servizio di Igiene Alimenti e Nutrizione dell’Azienda USL di Bologna, precisa: “Condurre una dieta vegana non è una scelta salutistica, ma etica. Per un bambino in fase di crescita è una decisione molto complessa, senza le dovute precauzioni può esporlo a forti carenze nutrizionali” ha spiegato ad Huffington Post. “Ci siamo adeguati alle linee guida nazionali della ristorazione collettiva, che prevede adeguate sostituzioni di alimenti legate a scelte etico-religiose, ma siamo preoccupati. Fondamentale essere seguiti da un medico”.
Rincara la dose il professor Emilio Franzoni, neuropsichiatra infantile dell’Alma Mater di Bologna, in un’intervista a Repubblica, ha parlato, non senza suscitare un vespaio di polemiche, di “porta aperta all’anoressia”. Secondo il professionista, i disturbi del comportamento alimentare hanno cause molto complesse, molte delle quali ancora sconosciute: seguire regole troppo rigide che limitino molto la varietà nell’assunzione degli alimenti non aiuta, anche se non è possibile metterli direttamente in relazione. Ergo, prosegue: “La proposta che ci sentiamo di fare è quella di mantenere una dieta più varia possibile, nel menu non abbiamo escluso neppure la mortadella in quantità moderate”. Tanto più che, secondo Franzoni, per una dieta vegana ben equilibrata è indispensabile conoscere tutte le componenti nutrizionali dei vari alimenti, in un certo modo bisogna essere dei nutrizionisti: “Soprattutto chi opta per una scelta vegana per il proprio figlio deve avere un’idea complessiva dell’alimentazione, dalla colazione agli spuntini, dal pranzo alla cena. Per quanto riguarda la parte proteica, si sopperisce aumentando le quantità dei legumi; per il ferro è importante assumere un’ampia varietà di frutta e verdura. La questione più difficile riguarda il complesso B, cui una dieta rigidamente vegana non riesce a rispondere. In questo caso è fondamentale ricorrere agli integratori e seguire le indicazioni date dalla Società italiana di Nutrizione Umana”.