Meno negozi e vestiti, più bar e attività turistiche. L’Italia che sta uscendo dalla più grave recessione economica dal dopoguerra ad oggi si risveglia, a 10 anni esatti dallo scoppio della Grande crisi originatasi dopo lo scoppio negli Usa della bolla immobiliare dei titoli subprime, culminato l’anno dopo con il fallimento Lehman Brothers, la quarta banca d’affari degli States, con un panorama del retail in cui, all’emorragia del commercio tradizionale (sono scomparse oltre 108mila imprese in sede fissa, il 15% del totale), fa da contraltare il boom di pub, bar, ristoranti e attività turistiche: 63mila imprese in più, per un incremento del 16,6%.
È quanto emerge da uno studio dell’Ufficio Economico Confesercenti, elaborato a partire dai dati Istat e dalle rilevazioni dell‘Osservatorio su Commercio e Turismo dell’associazione.
In soldoni, la crisi e il calo del lavoro degli ultimi dieci anni hanno spinto molti negozi a chiudere e i lavoratori ad aprire attività in proprio, soprattutto nella ristorazione e nel turismo. I negozi più colpiti sono quelli di abbigliamento, calzature e tessile (40mila in meno in 10 anni) mentre sono aumentate tabaccherie (+4.749) e negozi di informatica e telecomunicazioni (+2.216). Ma a crescere sono state soprattutto le attività commerciali fuori dai mercati e dai negozi: le imprese di commercio porta a porta, online, e vending machine sono oltre 18mila in più, con una progressione di oltre l’82,5%. A scendere invece, nonostante la crescita degli ultimi anni, anche il numero di ambulanti (-17.587).
Opposti i trend nel f&b: dal 2007 ad oggi lievita sia il numero dei ristoranti e imprese di ristorazione (+55mila, +16,8%), sia quello di hotel e altre attività ricettive (+7.139 imprese, +14,9%).
Particolarmente rilevante la crescita di b&b e affittacamere: solo negli ultimi cinque anni hanno registrato un exploit del 56%, e secondo le previsioni il loro numero è destinato a salire ancora del 23% da qui al 2021.