Sei lavoratori italiani su 10 non vogliono lo smart working per sempre. È questo il sentiment nei confronti del lavoro da remoto, dopo che la pandemia ha portato il numero degli smart worker dai circa 570mila del 2019 agli attuali 4 milioni. Dati che emergono in uno studio di Oricon realizzato con Euromedia Research, secondo il quale il cosiddetto lavoro agile sta rendendo sempre più profonda la frattura sociale tra i lavoratori che possono contare su maggiori garanzie e agevolazioni e quelli meno tutelati, mettendo in evidenza disuguaglianze che il lavoro in sede, con i suoi benefit, in qualche modo aveva livellato.
Dieta casalinga disordinata
Se a una prima analisi lo smart working sembra piacere ai più, con il 47,2% dei lavoratori coinvolti nell’indagine che considera positiva la possibilità di continuare a lavorare da casa, il dato cambia sensibilmente quando tale modalità viene ipotizzata permanente e definitiva. Qui il 41% degli intervistati infatti, di cui oltre il 40% donne e il 45% con figli, risponde negativamente, e la percentuale sale fino al 68% quando a rispondere sono coloro che hanno già avuto modo, a cavallo tra le prime due ondate della pandemia, di tornare a lavorare in sede dopo la forzata permanenza tra le mura domestiche.
“Tra i vantaggi percepiti il tempo risparmiato per andare in ufficio, ma quasi il 70% delle persone ritiene di aver seguito una dieta disordinata a casa. Inoltre, molti sottolineano l’importanza anche sociale della mensa. Lo smart working non può essere la soluzione definitiva”, così ha commentato i risultati dell’indagine Carlo Scarsciotti, portavoce dell’Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione.