Un calo dello 0,3% a fronte dello 0,1% previsto: il colosso a stelle e strisce del quick service registra a febbraio una battuta d’arresto superiore alle aspettative delle vendite globali. È il rallentamento del mercato domestico a pesare sul computo finale: – 1,4% il decremento negli Usa, dopo il crollo di gennaio (-3,3%). La scia negativa arriva così a 7 mesi consecutivi, il campanello d’allarme è già suonato dalle parti di Wall Street.
Sull’altra sponda dell’Atlantico invece, Big Mac resiste, con le vendite in Europa che nell’ultimo mese sono aumentate dello 0,6%. Ma gli affari tornano ad andare male in Asia, in Medio Oriente e in Africa, dove a febbraio si è registrato un netto calo: -2,6%. Più in generale, secondo gli analisti le performance negative delle vendite internazionali del re del fast food è dovuta soprattutto ai risultati della catena in Australia, Germania e Giappone.
Il gigante di Oak Brook (420mila dipendenti in giro per il mondo e un fatturato 2012 di 27,56 miliardi di dollari) cerca di tranquillizzare gli investitori: nel corso di una conferenza stampa, il direttore finanziario della multinazionale del panino espresso, Pete Bensen, dopo aver ammesso che la stagnazione delle vendite avrà ripercussioni sui margini del primo trimestre, ha annunciato le contromosse: concentrarsi sui menu base (il sempreverde trittico Big Mac, patatine e bibita) e varare campagne pubblicitarie per attrarre nuovi clienti. Impegni piaciuti in Borsa, con le azioni che sono subito risalite di oltre il 3%.