Un totale di 220 miliardi di euro nel 2012, dei quali 147 domestici e 73 fuori dalle mura di casa: a tanto ammontano i consumi alimentari degli italiani. Come appare evidente, si tratta di una voce di spesa fondamentale per le famiglie della Penisola, per l’esattezza rappresenta il 23% delle uscite complessive. I dati emergono da una ricerca realizzata Nomisma sulla distribuzione del valore nella filiera agroalimentare.
A livello di trend, si evidenzia un andamento dei consumi extradomestici delle famiglie più dinamico rispetto alle variazioni di quelli casalinghi: negli ultimi anni, i primi sono cresciuti del 35%, i secondi solo del 19%. Quella per i generi alimentari è la prima voce di consumo delle famiglie. Come noto, la crisi sta penalizzando gli operatori attivi sul fronte interno, un mercato in affanno. Di qui l’importanza crescente dell’export.
Va poi sottolineata un’altra tendenza: con un calo dal 65,5% al 54,8%, gli attori della filiera agroalimentare (vale a dire agricoltura, industria, commercio e ristorazione) hanno diminuito del 10% il loro peso sui consumi in termini di valore aggiunto. Ma ciò che rileva di più è che una parte crescente del valore prodotto va a retribuire i “costi esterni” alla filiera, impennati dal 22 al 34,1%. Tra essi troviamo anche oneri finanziari (4,5%), imposte (7,9%) e importazioni (3,2%). In soldoni, circa la metà dei consumi va a premiare soggetti che non fanno parte della filiera agroalimentare. Ecco perché gli utili dei suoi vari protagonisti – agricoltori, trasformatori e distribuzione – sono sempre più ridotti.