“Lavoro povero e disparità sociale: la Fondazione Ernesto Pellegrini delinea il quadro delle nuove povertà nella città di Milano a #Cisiamo9 attraverso la testimonianza del Ristorante Solidale Ruben”: è così che Pellegrini ha analizzato il fenomeno delle nuove povertà a Milano. Un lavoro, anzi, un impegno, che nasce quasi dici anni fa, con la creazione nel 2015 dell’Osservatorio del Ristorante Ruben. Il rapporto evidenzia che il fenomeno dei lavoratori poveri è un tema sempre più pressante nella nostra società, e, secondo la Caritas, coinvolge oggi più di 2,7 milioni di persone, pari all’11,7% degli occupati.
I fattori che incidono sulle condizioni di disagio sociale e economico sono molteplici, e continuano la tendenza all’invecchiamento della popolazione in presenza di un contestuale ricambio generazionale insufficiente, unitamente a fenomeni diffusi di povertà educativa che creano un gap di competenze che rende difficile l’accesso al mondo del lavoro per i giovani. In assenza di strutture pubbliche, i carichi di cura verso minori e anziani precludono a molte persone l’accesso a opportunità di lavoro che offrano una sufficiente retribuzione, numero di ore lavorabili e continuità lavorativa.
L’osservatorio del Ristorante Solidale Ruben conferma questi dati. Giuseppe Orsi, amministratore delegato della Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus e consigliere delegato del Gruppo Pellegrini, ha commentato a riguardo: “Il Ristorante Solidale Ruben è nato nove anni fa con l’obiettivo di sostenere le persone che, avendo perso il lavoro, si trovavano in un momento di momentaneo disagio. Il nostro obiettivo è creare un ponte verso il mondo del lavoro per aiutare le persone a ritrovare il proprio posto nel mondo, ma oggi constatiamo che un numero crescente di commensali di Ruben non riesce a mantenere un tenore di vita dignitoso, pur lavorando”.
La testimonianza di questa difficoltà è stata portata dalla voce di tre commensali del ristorante, citati con nomi di fantasia. Emanuela, trentacinquenne di origine egiziana, diplomata in pianoforte al Conservatorio, con tre figli tutti nati a Milano si trova a dover fare affidamento sullo stipendio del marito che lavora come cuoco; la cura dei figli le impedisce di lavorare con continuità e per arrotondare accetta lavori saltuari come badante o domestica, ma comunque non basta. Nicola, padre di tre figli, a causa della sua malattia e della depressione non è in grado di lavorare e si occupa della cura dei figli mentre la moglie lavora percependo l’unico reddito della famiglia; benché non possa lavorare, Nicola non ha diritto all’invalidità. L’ultimo commensale a raccontare la sua storia è un napoletano che, avendo perso il lavoro nella sua città, si è traferito a Milano alla ricerca di un’opportunità mentre la moglie e i tre figli rimangono a Napoli; testimonia di lavori saltuari come vigilante e di un contratto a termine di personale ATA in una scuola di Milano, senza che questo gli consenta un livello di vita dignitoso.
Quali gli interventi possibili? Innanzitutto, il mondo delle associazioni lamenta l’assenza di dati specifici, se i dati statistici abbondano, quello del disagio in città manca. Le singole associazioni hanno ciascuna un quadro preciso della realtà sulla quale intervengono nello specifico, ma è necessario che questi dati siano condivisi per potere agire in maniera concertata, facendo sistema per lavorare su progetti comuni. Questo consentirebbe alle associazioni di intervenire con maggiore efficacia, anche lavorando sussidiariamente al welfare pubblico.
La giornata si è conclusa con una tavola rotonda dalla quale è emerso come quello del lavoro povero sia un fenomeno molto più fortemente sentito nelle grandi città, dove l‘assenza di infrastrutture pubbliche, unita alla carenza di reti di supporto sociale e familiare e alle condizioni di grande disparità sociale, hanno portato il costo della vita a livelli insostenibili per le famiglie monoreddito con figli minori. In un contesto nel quale l’ISTAT calcola che il 38% circa delle famiglie italiane con tre figli si trova in condizioni di povertà, un dato che ci vede al penultimo posto in Europa dopo la Spagna, le opportunità di mobilità sociale si fanno sempre più limitate ed è urgente intervenire per invertire la tendenza.