Ritardi nell’erogazione, complicazioni burocratiche, meccanismi complessi, blocco dei sistemi informatici, consulenti finanziari disperati: se pensate sia il quadro dei ristori in Italia vi sbagliate. Stavolta sul banco degli imputati è nientepopodimenoche la Germania. Ebbene sì: da sempre convinti in Italia che tutto funzioni sempre meglio all’estero, specie se il paragone è con i paesi nordici, Germania in testa, stavolta la notizia è di quelle che fanno riflettere. E forse, nel limite del possibile, anche un po’… fregar le mani, sull’onda del famoso – un po’ perfido ma umanissimo – adagio: “mal comune, mezzo gaudio”. Essì perché, nella terra dell’efficienza per definizione, gli imprenditori sono sul piede di guerra: tra lentezza e pasticci burocratici, pare sia stato pagato solo l’8% degli aiuti-ponte e il 4% dei ristori alle attività di ristorazione. Altro che risarcimenti stellari e immediati con solerzia teutonica, alla faccia di noi poveri italiani, alle prese con finanze magre e burocrazia da Terzo mondo.
Il coltello tra i denti
Dopo aver vissuto (come noi) il balletto dello scontro Governo-lander per l’applicazione delle restrizioni (con frau Merkel sull’orlo di una crisi di nervi in parlamento per ottenerne di più incisive) e nel pieno di una campagna vaccinale per cui il ministro della Sanità tedesco ha lodato la scelta italiana di dare priorità ai medici e Die Welt ha riconosciuto il primato continentale (Uk esclusa) del Belpaese (tante volte bistrattato su quelle pagine), adesso si scopre che quello che in molti (comprese le opposizioni italiane) indicano come modello da seguire per dare sostegno immediato alle imprese in difficoltà causa pandemia e blocchi, è oggetto di critiche veementi da parte delle imprese tedesche, “beneficiarie” di tanta presunta (in)efficienza.
Come rileva Il Fatto Quotidiano che riporta la notizia, uno studio dell’Institut der Deutschen Wirtschaft (Iw) rivela infatti che anche in Germania ci sono grossi ritardi nel distribuire gli aiuti di Stato. Tra le ragioni del ritardo, condizioni di accesso cambiate in corsa, l’eccessiva complessità del sistema e financo, udite udite, problemi informatici. Risultato: i ristoratori lamentano di essere ormai al terzo mese senza ricevere aiuti.
In particolare, lo studio realizzato da Iw, uno dei principali istituti economici tedeschi, mostra che le imprese del Paese, comprese quelle attive nel foodservice, hanno ricevuto in realtà appena l’8% dei fondi stanziati a settembre per gli Überbrückungshilfe I e II (cioè gli aiuti-ponte introdotti sotto forma di rimborsi di una parte dei costi fissi delle aziende). Peggio ancora le cose in tema di ristori promessi per i mesi di novembre e dicembre: solo il 4% di quanto atteso è arrivato a destinazione. Conseguenza: lungi dall’osservare dall’alto in basso i colleghi italiani, gli imprenditori teutonici hanno il coltello tra i denti, anche perché pare che alcuni debbano persino restituire parte dei soldi ricevuti.
Sempre secondo Iw, solo il 76% dei fondi stanziati per gli aiuti immediati a piccole aziende, autonomi e liberi professionisti sono stati utilizzati. E su 24,6 miliardi di euro disponibili per gli aiuti-ponte, ne sono stati pagati appena 2,1 miliardi (l’8%). I ristori di novembre e dicembre invece sono fermi al 4%, equivalenti a 1,5 miliardi erogati su 39,5 disponibili. In definitiva, sui 42,6 miliardi di euro di ristori previsti nel bilancio statale 2020, ne sono stati erogati 15,8 miliardi, corrispondenti al 37%. “Un aiuto credibile non deve essere solo mirato e sufficientemente ampio, ma deve anche essere fornito in tempo utile“, sottolinea l’istituto nella sua analisi.
Oltraggio di… Stato
“Un’affermazione oltraggiosa”: così ha commentato Stefan Genth, presidente dell’associazione dei commercianti tedeschi a Die Welt le parole del ministro delle Finanze Olaf Scholz, che ha provato a giustificare i ritardi sostenendo che “la situazione economica di molte aziende si è sviluppata più favorevolmente di quanto si temesse e gli affari sono ripresi rapidamente“ (sic!).
E non è mica finita qui: (anche) in Germania i consulenti fiscali stanno impazzendo – alle prese con complessità burocratiche cui forse non erano avvezzi – per incassare i pochi ristori fatti avere ai loro assistiti. Basti citare l’affermazione rilasciata da Hartmut Schwab, presidente della Bundessteuerberaterkammer (l’organismo di autogestione professionale dei consulenti fiscali): “Veloce e non burocratico: questo era stato promesso dai politici. Purtroppo, l’impegno non è stato mantenuto. Anzi”.
Al contrario dell’Italia, dove i ristori previsti per la seconda ondata provengono direttamente dall’Agenzia delle Entrate con lo stesso meccanismo usato in giugno con il decreto Rilancio, il governo di Berlino ha varato diverse tipologie di sostegno, calcolate a cadenza mensile sulla base del confronto con l’anno precedente.
Insomma, perdonate la chiosa, che non vuole essere una critica verso le – sacrosante – lamentele dei ristoratori italiani, ma per una volta, date le circostanze, vagamente patriottica: che si stia meglio dove (di solito) si sta(va) peggio?
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