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Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe

Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe

Di scena a Venezia, la 68sima assemblea annuale di FIPE Confcommercio è stata interamente dedicata ai temi del lavoro e della crisi economica. Nella sua relazione introduttiva Lino Enrico Stoppani ha delineato senza falsi pudori un quadro d’insieme di estrema sofferenza.

“La grande crisi, a dispetto di avventate dichiarazioni su ristoranti pieni, ha ridotto i consumi fuoricasa nel 2012 del -2,50%, che significa una contrazione di 1,6 miliardi di euro e il dato 2013 conferma il persistere della tendenza negativa. Nel 2012 il saldo tra nuove aperture di Pubblici Esercizi (16.333) e chiusure (25.678) segna un dato negativo di 9.345 imprese  e dall’inizio dell’anno, il saldo tra imprese avviate e cessate, ammonta a – 6.219 unità. Nel 2012 il sentiment nel settore, che descrive il clima di fiducia dei Pubblici Esercizi, è ritornato sui livelli più bassi dal 2008. 

Dati inequivocabili ed espliciti, che se confrontati con i dati economici aggregati del Paese – P.I.L. (-1,8%), spesa delle famiglie -2,40%,  tassi di disoccupazione (12,10% di cui 40% circa quella giovanile), 500mila cassaintegrati a zero ore (fonte CGIL), debito pubblico (2.068 miliardi di euro) – disegnano uno scenario apocalittico, con prospettive 2014 sconfortanti (P.I.L. ancora in discesa del -0,70%)”, ha sottolineato il presidente della maggiore organizzazione dei pubblici servizi.

L’occasione poi si è prestata per fare il punto sul CNNL del Turismo, dopo la rottura delle trattativa con le rappresentanze sindacali: “Affronto il tema del CCNL di categoria con alcune premesse, che devono servire a comprendere l’approccio responsabile al confronto sindacale, atteggiamento però non ancora realizzato dalle OO.SS. dei lavoratori del settore. Il settore ha perso aziende, fatturati, produttività e soprattutto marginalità. I conti economici  sono sofferenti, spesso orientati sul rosso ardente e il dato sulle chiusure ne è la più immediata testimonianza. 

Nonostante la diminuzione dei consumi, l’occupazione ha tenuto, segno di grande responsabilità delle imprese e della primaria importanza assegnata alla componente servizio delle nostre attività, che impone il mantenimento di un livello del servizio adeguato, non ridimensionato, cioè, in proporzione al calo di fatturato registrato. E’ il rischio di dequalificazione che ha suggerito la scelta di non abbassare il livello di servizio, componente essenziale dell’offerta, garantendo occupazione (e retribuzione) spesso al limite della sostenibilità economica.

Con questi riferimenti, abbiamo provato ad avviare le trattative per il rinnovo del CCNL, constatando anche l’impossibilità a trovare una linea comune anche con le altri parti datoriali, con noi firmatarie del contratto del Turismo. Verificata la loro diversa volontà su modalità, tempi e priorità, abbiamo scelto, prima, di proporre alle OO.SS. di continuare anche con noi la valutazione delle proposte sulle quali riteniamo necessarie alcune migliorie e, dopo, riscontrato il sostanziale rifiuto a solo considerare le nostre proposte, abbiamo presentato formale disdetta/recesso al CCNL Turismo, nel frattempo o tacitamente rinnovato al 30/04/2014 oppure in vigore per il principio della ultrattività”.

Non c’è altro sbocco, quindi, se non quello di ripensare un modello fuori dal tempo: Il settore soffre di scarsa produttività, da tempo, situazione che si ripercuote negativamente sulla marginalità delle gestioni e non esiste innovazione che dia immediati riscontri economici. In presenza di ricavi in diminuzione, l’incidenza dei costi fissi, peraltro in crescita, distrugge il conto economico: tra questi, il costo del Personale ha incidenza rilevante, che si può contenere o con dolorosi licenziamenti e con la riduzione dell’organico, oppure intervenendo su alcuni Istituti che producono retribuzione anche in assenza di lavoro. 

Qui sta il nodo; ci sono settori che si sono profondamente ristrutturati (vedi il settore bancario), eliminando un numero rilevante di posti di lavoro, recuperando produttività e capacità di creare valore e ce ne sono altri, come il nostro, che non riescono a ristrutturare, a tagliare posti di lavoro, perché penalizzerebbero la qualità del servizio, e per questo perdono marginalità e competitività. 

Con queste considerazioni, abbiamo provato a proporre alle organizzazioni sindacali qualche ragionamento, su Monte Ore e Straordinari, sui Permessi Retribuiti, sugli Scatti di Anzianità, sulla gestione delle Malattie, sulla 14^ mensilità, da riformulare all’interno della retribuzione annuale, e altri istituti, trovando rifiuto pregiudiziale, nessuna contro-proposta e la proclamazione di scioperi. I momenti di crisi si affrontano con accordi di crisi, finalizzati principalmente a tutelare l’occupazione, e quindi anche le esperienze professionali patrimonio del settore, cercando di intervenire su istituti appesantiti da generose concessioni erogate negli anni di crescita del settore.

Chiaramente le organizzazioni sindacali hanno un ruolo e responsabilità diverse, a volte anche contrapposte, rispetto alle nostre, ma anche accettando questo principio, tutte le parti sociali navigano nello stesso mare in burrasca, che impone una rotta che non porti al naufragio delle aziende, perché senza imprese non c’è lavoro e benessere per le famiglie, anche dei lavoratori. Si tratta cioè di scegliere se la priorità oggi sia il lavoro o qualcos’altro”, ha sottolineato con forza Stoppani.

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