Sono 1.236 le mense scolastiche che utilizzavano prodotti biologici nel 2013, contro le 1.196 dell’anno prima, pari al 3% in più. Lo ha rilevato Bio Bank che, tra menu etnici e filiere a km0 zero, ha evidenziato come nei refettori italiani si stia facendo strada l’uso di prodotti provenienti da agricoltura biologica, nonostante le difficoltà legate a due ordini di fattori: costi un po’ più alti e diffidenza da parte di genitori e insegnanti. Sotto il profilo territoriale, la scelta bio riguarda per il 71% scuole del Nord, per il 18% del Centro e per l’11% del Sud.
Anche i pasti serviti, da quelli completamente biologici a quelli che contemplano anche solo una portata, sono cresciuti del 3%, passando da 1.196.000 (2012) a 1.230.000 (nel 2013).
Il fattore costo rappresenta il principale freno all’avanzata di questi prodotti: si passa da una forbice che varia da 4,2 a 5 euro per il pranzo tradizionale a un range tra 5,50 e 6,30 euro quando si usano materie prime bio. Tra gli alimenti più richiesti si confermano la pasta, il riso, la passata, l’olio, la frutta, la verdura, i legumi e gli yogurt.
Il censimento Bio Bank effettuato nel corso del 2013 ha rilevato 13 aziende di ristorazione impegnate nella scolastica che impiegano materie prime biologiche in cucina.
Quelle con le percentuali più elevate di utilizzo di bio sono: CIR food con il 67%, Camst con il 63% e Dussman Service con il 50%. La cooperativa di Reggio Emilia è al primo posto anche nella classifica relativa al numero di pasti serviti ogni anno nelle scuole italiane, oltre 33 milioni, seguita dalla milanese Sodexo Italia, con più di 32 milioni, e Serenissima Ristorazione di Vicenza, che supera i 28 milioni. Per numero di Comuni serviti invece, al primo posto troviamo Camst con 593, seguita da CIR food con 431 e da Elior Ristorazione con 350.