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Dal 4 maggio i ristoranti possono riprendere l’attività in tutta Italia, ma solo per il cibo da asporto. Lo prevede il Dpcm del Governo italiano laddove stabilisce che “sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) ad esclusione delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di un metro. Resta consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonché la ristorazione con asporto fermo restando l’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di un metro, il divieto di consumare i prodotti all’interno dei locali e il divieto di sostare nelle immediate vicinanze degli stessi”.

Fipe: AAA interventi urgenti cercansi

Una decisione che era attesa da un italiano su tre: secondo un’indagine realizzata da Coldiretti infatti, il 37% degli abitanti dello Stivale consuma abitualmente, sia casa che al lavoro, cibi preparati da ristoranti, pizzerie, fast food o agriturismi.
Una decisione cui plaude anche Fipe ma che non basta: secondo la federazione infatti, i dipendenti dei pubblici esercizi stanno ancora spettando la cassa integrazione mentre il settore rischia di perdere altri miliardi di euro di euro a causa della crisi sanitaria. Senza interventi urgenti, sono destinate a morire oltre 50.000 imprese e 350.000 persone rimarranno senza occupazione.
La buona volontà da parte degli operatori del settore non manca: un metro di distanza tra i tavoli e mascherine al personale di sala e cucina, accessi differenziati ove possibile, pagamenti digitali al tavolo, monitoraggio quotidiano delle condizioni di salute dei dipendenti, pulizia e sanificazione dei locali, gel igienizzante a disposizione di tutti.

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